Ricorso  della  regione  Emilia-Romagna,  in persona del presidente
 della giunta regionale  pro-tempore,  autorizzato  con  deliberazione
 della  giunta  regionale  20  giugno  1990,  n. 2951, rappresentata e
 difesa, come da mandato a margine, dall'avv. Giandomenico  Falcon  di
 Padova,  con  domicilio eletto presso l'avv. Luigi Manzi di Roma, via
 Confalonieri, 5, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, per
 la dichiarazione che non spetta allo Stato, ai sensi degli artt. 118,
 primo  comma,  e  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  e  della
 legislazione  ordinaria di attuazione (ed in particolare dell'art. 13
 della legge 2 dicembre  1975,  n.  644),  il  potere  di  determinare
 coattivamente  con  decreto ministeriale il numero e l'ubicazione dei
 Centri  interregionali  di  riferimento  per   l'individuazione   dei
 soggetti  idonei  a  ricevere  il  trapianto di organi, e di affidare
 direttamente ad essi le relative funzioni, con riferimento al decreto
 del  Ministro  della  sanita'  del 3 aprile 1990 "Coordinamento delle
 attivita' di prelievo e trapianto di fegato  in  Italia",  pubblicato
 nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  96  del  26  aprile  1990, nonche' di
 conseguenza, per l'annullamento del  predetto  decreto  del  Ministro
 della sanita' del 3 aprile 1990, per violazione degli stessi articoli
 della Costituzione, e della legislazione ordinaria di attuazione,  in
 quanto  esso  esercita  compiti spettanti alle regioni ai sensi della
 Costituzione   e   della    legislazione    attuativa,    con    cio'
 illegittimamente   invadendo   le  prerogative  costituzionali  della
 regione.
                               F A T T O
    La  legge  2  dicembre  1975, n. 644, contenente la Disciplina dei
 prelievi di parti di  cadavere  a  scopo  di  trapianto  terapeutico,
 ripartisce  le  competenze  nella  materia tra lo Stato e le regioni,
 assegnando   al   primo   -   in   vista   dell'interesse   nazionale
 all'uniformita'   delle   valutazioni   tecniche,   anche   a  tutela
 dell'eguale sicurezza dei cittadini - il compito di  autorizzare  gli
 ospedali  e  altri  istituti di cura in cui possono essere eseguiti i
 prelievi (art. 3, secondo comma)  e  quelli  in  cui  possono  essere
 eseguiti  i  trapianti  (art. 10, primo comma), e di "determinare gli
 standards genetici, biologici e tecnici necessari  per  stabilire  la
 compatibilita'   fra   soggetti   donanti  e  soggetti  riceventi  il
 trapianto" attraverso un apposito Centro nazionale costituito  presso
 l'Istituto  superiore  di  sanita' (previsto dall'art. 14, e peraltro
 mai concretamente istituito, secondo quanto risulta).
    Alle   regioni   rimane   naturalmente   affidato  il  compito  di
 organizzare i servizi, e ad esse viene in  particolare  dalla  stessa
 legge  2  dicembre 1975, n. 644, affidato il compito di promuovere la
 costituzione dei centri, regionali o interregionali,  di  riferimento
 per  l'individuazione  dei soggetti idonei a ricevere il trapianto di
 organi: centri che sono costiuiti sulla base di  convenzioni  tra  le
 strutture sanitarie autorizzate.
    La  ripartizione  di  compiti  tra  Stato e regioni cosi' disposta
 corrisponde nella sostanza al disegno degli articoli 117 e 118  della
 Costituzione:  che  certo  ammette competenze derogatorie dello Stato
 specificamente stabilite in ordine a singoli e  determinati  aspetti,
 quando  lo  richiedano  particolari  esigenze  di carattere unitario,
 quali quelle collegate alle esigenze di uniformita' tecnica,  ma  che
 vuole  per  il resto attribuite alle regioni, nella loro generalita',
 le funzioni amministrative nella materia dell'assistenza sanitaria ed
 ospedaliera.
    Il  disegno  cosi'  posto  e'  stato poi confermato dalla legge di
 riforma sanitaria n. 833/1978, la quale ha mantenuto  la  riserva  di
 competenza  statale  "limitatamente alle funzioni di cui alla legge 2
 dicembre 1975, n. 644".
    Nei  fatti,  la regione Emilia-Romagna ha esercitato la competenza
 ad essa attribuita, ed ha provveduto, con deliberazione consiliare 14
 febbraio   1990,  n.  3039,  a  costituire  il  Centro  regionale  di
 riferimento per i trapianti, individuandone la sede  nel  policlinico
 S.  Orsola  (struttura  sanitaria  autorizzata  dal  Ministero  della
 sanita' per il trapianto di fegato), assegnando  i  relativi  compiti
 (per  quanto  concerne  i  trapianti  di  fegato)  al Laboratorio del
 servizio di immunoematologia e trasfusione. Tale struttura ha  dunque
 il  compito  di  coordinare  le attivita' del prelievo e trapianto di
 fegato  svolte  nel  territorio  regionale,   e   di   garantire   il
 collegamento  scientifico  ed  operativo  con  gli  altri  centri  di
 riferimento operanti nel territorio nazionale.
    In  questa  situazione  normativa  e  fattuale  e' sopraggiunto il
 decreto ministeriale del 3 aprile 1990, qui impugnato, il quale senza
 nessun  fondamento  normativo,  e senza alcun contatto con le regioni
 interessate -  stabilisce  che  "i  compiti  di  coordinamento  delle
 attivita' di prelievo e trapianto di fegato nei centri del nord e del
 centro Italia autorizzati all'espletamento  di  tale  attivita'  sono
 demandati  al  centro  interregionale  di riferimento del nord Italia
 Transplant", mentre "i compiti di coordinamento  delle  attivita'  di
 prelievo  e  trapianto  di fegato nei centri del Lazio, delle regioni
 meridionali  ed  insulari  autorizzati   all'espletamento   di   tale
 attivita' sono demandati al servizio trapianti d'organo della seconda
 patologia chirurgica della prima Universita' degli studi  di  Roma  e
 all'istituto  di  tipizzazione  tissutale  e problemi della dialisi -
 clinica chirurgica - della seconda Universita' degli  studi  di  Roma
 congiuntamente ed in modo tra loro coordinato".
    Ma  tale  decreto  risulta  completamente illegittimo, ed invasivo
 delle attribuzioni regionali  (ed  in  particolare  della  ricorrente
 regione Emilia-Romagna) per le seguenti ragioni;
                             D I R I T T O
    Come  esposto  in narrativa, le funzioni amministrative in materia
 di promozione e costituzione dei centri di  riferimento  regionali  o
 interregionali, quale struttura di coordinamento per l'individuazione
 dei soggetti idonei a ricevere il trapianto di  organi,  spetta  alle
 regioni.
    Tale  attribuzione  e'  parte della piu' generale competenza delle
 regioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera,  stabilita
 dall'art.  117,  primo comma, e 118, primo comma, della Costituzione.
 Essa e' confermata dalla legislazione ordinaria,  ed  in  particolare
 dalla  legge  2 dicembre 1975, n. 644, il cui art. 13, secondo comma,
 la prevede espressamente.
    Per  lo  svolgimento  delle funzioni di carattere unitario - cioe'
 per la determinazione degli "standards genetici, biologici e  tecnici
 necessari  per  stabilire  la  compatibilita'  fra soggetti donanti e
 soggetti riceventi il trapianto" - l'art. 14 prevede, come detto,  un
 apposito centro nazionale presso l'Istituto superiore do sanita'.
    Dunque,  e' evidente che la legge si e' preoccupata di individuare
 con precisione le funzioni che nella delicata materia e'  chiamato  a
 svolgere  lo Stato, sia attraverso il centro nazionale ora ricordato,
 sia attraverso le autorizzazioni  al  prelievo  ed  al  trapianto,  a
 verifica  dell'idoneita'  tecnica.  Ma  e'  altrettanto  evidente - e
 pienamente riconosciuto dall'art. 13 della legge - che dove non siano
 stabilite   specifiche   competenze   statali   i   compiti  relativi
 all'organizzazione ed erogazione del servizio spettano alle  regioni,
 secondo la regola costituzionale.
    Si  aggiunga  che  il d.P.R. 16 giugno 1977, n. 409, contenente il
 regolamento di esecuzione della predetta legge, pienamente - anche se
 ultroneamente  - conferma le competenze regionali, stabilendo che "il
 centro regionale e interregionale di riferimento  e'  costituito  con
 provvedimento  della  regione  o delle regioni interessate sulla base
 della convenzione tra gli enti  indicati  all'art.  13  della  legge"
 (art. 11, primo comma).
    In  questo quadro normativo, non esiste nessun potere ministeriale
 in materia di promozione o costituzione dei  centri  di  riferimento:
 ne' il potere di determinare il numero massimo dei centri regionali o
 interregionali, come fa il decreto impugnato,  oltretutto  stabilendo
 arbitrariamente  e senza giustificazione alcuna il numero di due; ne'
 il potere di provvedere alla determinazione della sede e  del  bacino
 di  utenza;  ne' infine il potere di "demandare" autoritativamente ai
 centri cosi' individuati i "compiti di  coordinamento  dell'attivita'
 di prelievo e trapianto di fegato".
    Cosi'  facendo,  il  Ministero  della  sanita' si e' semplicemente
 sostituito alle  regioni  nell'esercizio  di  una  loro  attribuzione
 costituzionale  riconosciuta  dalla  legge  e, per quanto riguarda la
 regione  Emilia-Romagna,  concretamente  esercitata,  attraverso   la
 costituzione  di  un  centro  di  riferimento  pienamente conforme ai
 requisiti di legge, e del  tutto  arbitrariamente  misconosciuto  dal
 decreto impugnato.
    Cio'  il  Ministero ha fatto da un lato nella totale assenza di un
 fondamento normativo - ed infatti persino nel preambolo  del  decreto
 impugnato non risulta citata una sola norma a sostegno - d'altro lato
 senza  nessun  previo  contatto  o  collaborazione  con  le   regioni
 interessate, ma sovrapponendosi in modo arbitrario e scoordinato alla
 loro azione: con conseguente violazione - oltretutto - del  principio
 di  buon andamento dell'amministrazione stabilito dall'art. 97, primo
 comma, della Costituzione.
    In  questo  quadro,  risultano  quasi  di  minor  conto  altre pur
 macroscopiche illegittimita', come l'aver  individuato  i  centri  di
 riferimento  a  prescindere non solo dalla competenza, ma anche dalle
 regole procedurali e sostanziali previste dalla legge n.  644/1979  e
 dal  regolamento  attuativo:  ed  in  particolare  in  assenza  della
 convenzione   prevista   dall'art.   13   della    predetta    legge,
 imprescindibile quando le strutture interessate siano diverse.
    Sicche'  non  solo  la  regione  Emilia-Romagna e' stata spogliata
 della sua competenza, ma  la  stessa  struttura  sanitaria  e'  stata
 illegittimamente  privata  dei  suoi  diritti  di partecipazione e di
 manifestazione della propria volonta'.